Fonte: Fretboard Journal
Tra i tanti strumenti iconici indissolubilmente legati ad un chitarrista famoso, la Stratocaster usata da Ry Cooder principalmente live e nota come Coodercaster si distingue per alcuni aspetti peculiari: non solo è talmente modificata da non avere più le caratteristiche tipiche del modello da cui deriva, ma addirittura è diventata un modello a sé stante, uno strumento originale al punto che alcuni liutai, assemblatori ma anche produttori industriali hanno adottato il termine Coodercaster per indicare una precisa tipologia di chitarra, caratterizzata per lo più da una forma di derivazione Fender (non necessariamente stratoide e non necessariamente con il tremolo), da un pickup ispirato a quelli delle lap steel costruite negli anni ’50 da Valco a Chicago per numerosi marchi e da uno che deriva dai “Goldfoil” delle chitarre giapponesi degli anni ’60.
In realtà la vera Coodercaster ha altre caratteristiche che la rendono particolare, anzi unica:
“In accordatura standard è pessima, ha un suono terribile” ha detto Ry Cooder in un’intervista non molto tempo fa “ma risuona davvero nelle accordature aperte. Strano. Chi sa perché uno strumento suona bene. Certi lo fanno e certi no. Possono sembrare tutti uguali ma non lo sono. Questa è proprio riuscita bene. Ho provato a fare dei cloni ma non sono mai riuscito ad arrivare a questo livello.”
MA COSA RENDE LA COODERCASTER COSÌ SPECIALE?
ORIGINE
A differenza dell’altra Stratocaster posseduta da Ry Cooder, quella azzurra immortalata sulla copertina di “Bop ‘till you drop” e messa in vendita qualche tempo fa, la Coodercaster è assemblata con parti di strumenti diversi: probabilmente corpo e manico provengono da due diverse Stratocaster della seconda metà degli anni ’60.
Sembra che lo strumento sia stato dato a Ry da David Lindley, e che in realtà fosse destinato a Jackson Browne (esiste in rete un divertentissimo video in cui i due chiedono indietro lo strumento con una parodia di “Jesus on the main line” – (clicca qui per vederlo) – e fanno riferimento ad altri strumenti reciprocamente prestati e mai restituiti); di certo quando Ry la ricevette alla fine degli anni ‘70 o all’inizio degli anni ’80 la chitarra si presentava come una normale Stratocaster.
CORPO E MANICO
Come si è detto, il corpo sembra essere di produzione Fender, finito in sunburst a tre colori (il rosso è poco evidente) degli anni ’60; la chitarra è dotata del normale ponte tremolo, reso fisso da un blocco di legno posto dietro e dotato di tutte e cinque le molle (le informazioni provengono da un’interessante intervista un tempo reperibile su Youtube ma poi fatta rimuovere per ragioni di copyright).
A questo proposito si ricorda che Cooder, pur non usando la leva, preferisce in generale la risonanza extra data a una chitarra dalle molle di un vibrato o da un attaccacorde a trapezio.
Il manico è anch’esso Fender, con paletta grande, ma è inusuale, più spesso e largo dello standard dell’epoca: si tratta probabilmente di un manico custom prodotto da Fender su richiesta di un cliente e poi rivenduto da qualche riparatore o liutaio qualche anno dopo.
PICKUP AL PONTE
Con la sua larga piastra metallica e la struttura “string through” il pickup al ponte è ciò che più caratterizza la Coodercaster sia dal punto di vista sonoro che da quello visivo.
Quello usato per anni proviene da una lap steel Oahu degli anni ‘40 o ’50, ma è identico a quelli che si trovano su gran parte delle lap steel prodotte a Chicago dagli anni ‘40 alla metà degli anni ’60 da un’unica fabbrica (Valco) con i marchi Oahu, National e Supro.
Si tratta di un humbucker con bobine sfalsate (una ogni tre corde, tipo Fender Precision) dotate di espansioni polari regolabili a vite per ogni corda.
I due magneti sono collocati lateralmente rispetto alle bobine (e alle corde), tenuti fermi da una piastra metallica che passa sopra le corde, stretta alla base con quattro viti: le corde dunque sono circondate da un campo magnetico molto ampio e vibrano tra due piastre metalliche polarizzate l’una all’opposto dell’altra.
Il suono è potente e ricco di alte frequenze, più simile ad un single coil che ad un humbucker; poiché le corde sono tra due campi magnetici opposti vi è scarsa attrazione magnetica sulle corde, il che le mette in condizione di vibrare più a lungo favorendo il sustain.
Le due bobine sono controfase l’una con l’altra, per cui l’abbinamento con un altro pickup mediante un selettore standard comporta problemi di fase su tre corde.
In un’intervista di qualche anno fa Cooder ha svelato svela che lo storico pickup Oahu è stato sostituito da uno, apparentemente simile, ma in realtà ben diverso: si tratta di un modello rarissimo proveniente da una National degli anni 50 e dotato di una bobina per ogni corda, come i moderni pickup esafonici; le bobine sono sempre collegate tra loro in modo da avere un effetto anti ronzio.
PICKUP AL MANICO
Nella posizione al manico della Coodercaster si sono succeduti nel corso degli anni un P90 (per poco), un humbucker Gibson (PAF?) durato parecchi anni e visibile sulla copertina di Get Rhythm e in una serie di storici filmati degli anni ’80, ed infine un “goldfoil” proveniente da una chitarra giapponese (Teisco).
Si tratta di pickup molto diversi tra loro e con il goldfoil, pulito, poco potente e con un timbro pieno e quasi “acustico” Cooder sembra avere finalmente posto fine alla sua ricerca sonora.
Da notare, comunque, che il pickup al manico, quale che fosse, è sempre stato montato più lontano dalla fine della tastiera rispetto alla collocazione usuale: è una ben precisa scelta volta ad ottenere una maggior presenza ed un suono più controllato sui bassi (scelta comprensibile su uno strumento che viene suonato sempre e solo in fingerpicking con le dita nude).
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Una risposta
Buonasera ho assemblato una stratocaster ( body Mexico e manico MIGHTY MITE ) e dopo un po di affannose ricerche ho acquistato un Mojo Lap steel pickup per il ponte … tutto parte da un gold foil che mi regalo’ il compianto Enrico Ciacci ( ce l’aveva su una Telecaster ) il piccolo problema che sto osservando è relativo al poco spazio libero che le corde hanno tra il pickup e la piastra di fissaggio , l’action desiderata è compromessa dal non poter alzare le stellette del ponte più di tanto altrimenti le corde toccano la piastra superiore se per abbasso toccano i poli del pickup … Lei ha qualche consiglio da darmi
la ringrazio
MARCO MAGNONI